Categoria: Artisti Maceratesi
Bonifazi Virginio in arte Virgì
VIRGINIO BONIFAZI ( in arte Virgì) Nasce a Macerata NEL 1918
Pittore, scultore, incisore, giornalista, critico d’arte, poeta.
Socio – Censore per le Arti nell’Accademia dei Catenari di Macerata e socio dell’Accademia delle Scienze di Roma, Ordinario di Disegno e Storia dell’Arte nei Licei Scientifici. Preside degli Istituti Prof.li femminili, Cavaliere Ufficiale della Repubblica, socio del Lions Club di Macerata.
Frequenta l’Istituto d’Arte di Macerata. Maestri: pittore Ciarlantini – scultore Giannone, frequenta l’Accademia di Brera a Milano – Maestri: pittori Raimondi e Carpi scultori: Marchini e Messina.
1938 – Entra nel Gruppo Futurista maceratese “Boccioni” composto da Pannaggi, Tano, Monachesi, Chesimò, Alberto e Umberto Peschi, Tulli, Benedetti.
1945 – Fonda lo Studio d’Arte “Scipione” insieme a Monachesi e Parisella.
1945 – Socio fondatore della “Brigata Amici dell’Arte” di Macerata.
1950 – Componente del Gruppo artistico “Sei per sei “.
1960 – Componente del Gruppo artistico “Scipione”.
1974 – Riceve il Premio “Marc’Aurelio”.
Dal 1938 è presente in numerose rassegne e personali di pittura, scultura ed umorismo, caricature, provinciali, regionali e nazionali.
Come caricaturista e disegnatore umorista vince due Premi internazionali a Tolentino ed Ancona.
Ha tenuto conferenze d’arte, ha fatto parte di Commissioni giudicatrici per Concorsi artistici. Ha collaborato con disegni e scritti critici a pubblicazioni culturali. Hanno scritto di lui critici affermati e appassionati d’arte. Sue operesi trovano presso le Pinacoteche di Macerata, Recanati, Potenza Picena, Bolognola, Ripe San Ginesio, Caldarola, presso la raccolta Thè Wolfsonian Foundation di Genova nonché in varie collezioni private in Italia e all’estero.
Ci lascia nel giugno del 1997.
Monti Vincenzo
l’uomo, l’artista, il maestro
Alvaro Valentini
Vincenzo Monti nasce a Pollenza il 3 marzo 1908 e muore a Macerata il 7 aprile 1981.
Figlio di umili operai, a soli 11 anni resta orfano del padre Torquato, una figura di cui in seguito sentirà molto la mancanza. <Se fosse ancora vivo, gli farei il ritratto>, confidava con infinito rammarico. Alla sua educazione provvede la madre Prassede Fammilume, che per tirare avanti la famiglia è costretta ai lavori più disagevoli. La famiglia Monti abitava in via San Salvatore, a pochi passi dalla casa di Antonio Romagnoli che emigrato a Tarquinia sulla scia dei fratelli diventerà il padre del poeta Vincenzo Cardarelli. A causa delle ristrettezze economiche, Vincenzo viene mandato in collegio, presso i Salesiani di Lugo di Romagna, dove avrebbe dovuto imparare un mestiere e tornare poi ad esercitarlo nel suo paese. Ma in lui si agitava una forte vocazione per la pittura. I superiori, consapevoli del suo talento, decidono di inviarlo a Milano, dove frequenta l’Accademia del Beato Angelico, nota come Scuola d’Arte Cristiana. Tanto naturale era la sua abilità pittorica che in un solo anno Vincenzo compie l’intero corso triennale. Poi si trasferisce a Ferrara dove affina le sue qualità nello studio di un pittore.
Dopo questa breve esperienza torna nella sua amata Pollenza e sono anni pieni di stenti e di rinunce ma anche di stimolante creatività. Monti sente il bisogno irrefrenabile di dipingere, raccontare, esternare la sua visione del mondo, della realtà che lo circonda. E’ questo il tempo dei primi paesaggi, delle verdi colline, delle campagne ubertose, immagini improntate ad un evidente naturalismo, ma anche il tempo dei ritratti di amici e conoscenti, dipinti per i quali il fratello Antonio, provetto ebanista, gli prepara le cornici.
L’esordio di Monti in arte è del 1935, anche se i suoi primi lavori risalgono al 1930. Partecipa a due Mostre interprovinciali, con quattro paesaggi pollentini: “Vecchie Case’’, “Campagna’’, “Ponte sul Potenza’’ e “Case tra gli ulivi’’ che lo rivelano completamente come artista di straordinaria sapienza pittorica. L’anno successivo prende parte alla IV Sindacale d’arte delle Marche, alla quale rischia di non essere ammesso perché non iscritto al Partito Fascista.
Una scelta politica, questa, che onora l’uomo e il pittore, sempre coerente nella vita come nell’arte. Alcuni critici di fama, tra cui Alessandro Benedetti, sono colpiti dalle sue opere. Monti è indicato come una tra le più sicure promesse della pittura italiana. Sono di questo periodo dipinti come “Mia madre’’, “Giovanni il postino’’, “Il fumatore’’, “Contadina’’, “Uomo dei campi’’.
Il 30 gennaio 1938 partecipa alla <Esposizione provinciale dei Sotto i Trenta> allestita al Palazzo degli Studi di Macerata. Anche in questa occasione Monti dapprima viene escluso, poi dietro vibranti e legittime proteste ammesso. Gli artisti, diciannove con centodieci opere, sono quasi tutti futuristi (Arnaldo Bellabarba, Sante Monachesi, Bruno Tano, Lamberto Massetani, Fulvio Raniero Mariani, Umberto Peschi, Virginio Bonifazi, ecc.) ad eccezione dei pittori Arnoldo Ciarrocchi e Vincenzo Monti e dello scultore Sesto Americo Luchetti. L’importante mostra richiama la presenza di F.T. Marinetti, l’ideologo del futurismo, che il giorno successivo al vernissage tiene al Teatro Lauro Rossi una applaudita conferenza sull’aeropittura e sull’aeropoesia, leggendo anche alcune sue composizioni letterarie.
Pannaggi Ivo – Serigrafie
Nasce a Macerata nel 1901 e sin dai primi anni di vita si dedica all’arte.
Nel 1922 scrive insieme a Vinicio Palladini, e con la supervisione di Filippo Tommaso Marinetti, “Il Manifesto dell’Arte Meccanica Futurista”.
Nel 1920 crea i collages postali, divenendo così inconsapevolmente un antesignano della moderna mail art.
Si iscrive in due occasioni alla Scuola di Architettura prima a Roma poi in quella di Firenze, senza tuttavia terminare il corso di studi.
Nel 1926 partecipa alla XV Biennale di Venezia con opere aniconiche dal titolo “Funzioni architettoniche e Funzioni geometriche”. Successivamente si staccò dal movimento futurista avvicinandosi, soprattutto ideologicamente, alle avanguardie comuniste sovietiche, come Malevic e El Lissitzky.
Negli anni ’30 si trasferisce in Germania dove frequenta, fino alla chiusura voluta da Adolf Hitler, il Bauhaus. Nel 1933 torna a Macerata dove rimane fino alla fine della seconda guerra mondiale. Dal 1949 al 1960 vive in Norvegiadove realizza come architetto dello Stato tre opere: Villa Rund, Villa Olsen e Villa Feinberg. Tornato a Macerata, trasforma in ironia anche la sua vita privata, arrivando a pubblicare il suo annuncio mortuario alla rivista “Futurismo Oggi”. Si spegne nella sua amata città natale nel 1981. Nel 1985 viene intitolato a suo nome l’allora Istituto professionale femminile (oggi Istituto Professionale di Stato “Ivo Pannaggi”) sito in via Capuzi, 40 – Macerata Istituto Professionale Ivo Pannaggi
Serigrafie disponibili in galleria |
Trubbiani Valeriano – Signum Crucis dal 31 marzo al 21 aprile
Visita di S.E. Mons. Edoardo Menichelli Visita di S.E. Mons. Claudio Giuliodori
Manifesto della mostra |
COMUNICATO STAMPA
SIGNUM CRUCIS DI VALERIANO TRUBBIANI
“Amorosa erranza” tra mistero e bellezza
Eccezionale evento artistico alla Quadreria Blarasin di Macerata. Sabato 31 marzo (ore 17,30) sarà presentata
la Croce astile ostensiva che lo scultore Valeriano Trubbiani ha realizzato nel 1999 per il millenario della Cattedrale di San Ciriaco. E’ la prima volta che l’opera, benedetta da Papa Giovanni Paolo II, esce dal Duomo di Ancona e si fa pellegrina tra la gente, portando un messaggio di pace e di rinascita.
La Croce , plasmata tutta in metalli preziosi (argento, oro, acciaio) è una “sacra rappresentazione” o “una sacra conversazione”, come la definisce l’autore, che in forma scenografica accorpa la verità assoluta: il Dio Padre inciso entro un triangolo, lo Spirito Santo illuminato da un cristallo rosso e il Cristo in croce posto al centro di un cerchio patinato che avvolge il simbolo alto della cristianità. Ai piedi della croce, sopra una piattaforma circolare, è posto un piccolo nido di uccellini con delle uova in procinto di dischiudersi. Nella parte inferiore figurano i santi protettori dell’arcidiocesi di Ancona (Ciriaco) e Osimo (Lepardo). Il corpo del Cristo proietta dietro il fronte la sua ombra scolpita in una congiunzione ideale con la terra da cui l’Adam biblico ha tratto la sostanza dell’essere. E’ un’immagine inquieta e spiazzante, dai contorni sfrangiati e acuminati, da cui sembra elevarsi un monito forte, un urlo cosmico più lacerante di quello di Abele.
La Croce di Trubbiani è un limpido esempio di scultura altomedievale, un’opera di valore simbolico e liturgico che indica l’appartenenza alla comunità cristiana. L’artista, sensibile e intuitivo, offre una soluzione plastica nuova e originale che tiene conto della verità evangelica e della vicenda umana. Dovendo affrontare un tema più elevato dell’avventura, del viaggio e delle peregrinazioni che da anni costituisce il nucleo del suo lavoro limpidamente trascritto in “Racconti di mare/Racconti di terra”, a contatto con
la Croce Trubbiani scruta la profondità dell’essere, declina le sonorità dell’anima, carpisce il mistero della fede (Dio incarnato) con l’inventiva del costruttore di morfologie plastiche, il trasporto mistico dell’asceta, la sapienza del faber nobilis che vive nella dimensione di una novella creazione. E lui, “il più favoloso favolista”, come lo ha definito Pierre Restany in Oficina Mundi, colui che più di ogni altro sviluppa per cicli tematici l’universo visionario e immaginifico di “presunte realtà”, che affida al mondo degli animali i timori e le speranze dell’umanità (vedi Mater Amabilis, Insula felix, Transito in adriatico e le infinite visualizzazioni grafiche), trasfonde nel gesto plastico il travaglio dell’umanità e la luce della trascendenza in una sintesi morfologica di fulgida rivelazione.
La mostra “Signum Crucis di Valeriano Trubbiani” è una sorta di “amorosa erranza” dantesca tra mistero e bellezza. Il prodigioso operare dell’artista trasforma la parola in segno, il logos in luce, il Verbo in forma. L’immagine della Croce diventa l’espressione visibile della verità, il simbolo tangibile dell’amore e della redenzione. Nella scultura trubbianea il Christus patiens (dolore umano) e il Christus triumphans (gaudio eterno) vibrano e palpitano all’unisono del canto salvifico e liberatorio del divino che dopo secoli di peregrinazioni ritrova e accoglie nel suo grembo la creatura più cosciente ed alta uscita dall’opera delle sue mani.
L’esposizione è arricchita da undici disegni preparatori della Croce astile realizzata per “Ecclesia Cathedralis Millenarium MCMXCIX, Ancona) e da altre significative opere, compresi la scultura “Jesus Christus Resurgit” (1998) e ulteriori, raffinati disegni. Accompagna la mostra (visite fino al 21 aprile, info 0733.262026) un elegante catalogo con tavole a colori, una profonda riflessione di Mons. Loris Francesco Capovilla, arcivescovo di Mesembria, il saggio critico di Alvaro Valentini, uno scritto di Paolo Biagetti e la poesia di Goffredo Binni con il Venerdì Santo di Maria Luisa Spaziani.
C’è grande attesa per questa mostra come per il passaggio profetico di una cometa.
con il patrocinio
REGIONE MARCHE – PROVINCIA DI MACERATA – COMUNE DI MACERATA
Orari di apertura Mostra: lunedì 15.30 – 20, da martedì a domenica 9-13 / 15.30-20.
Trubbiani – Visita di S.E. Mons. Edoardo Menichelli
Trubbiani – Visita di S.E. Mons. Claudio Giuliodori
Trubbiani Valeriano – sculture
Secolo d’Italia Domenica 19 ottobre 2003 |
IL BESTIARIO DI TRUBBIANI |
opere disponibili in galleria |




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Trubbiani Valeriano – disegni
Sculture evento Signum Crucis evento Disegni Inediti
Secolo d’Italia Domenica 19 ottobre 2003 |
IL BESTIARIO DI TRUBBIANI La mostra che Valeriano Trubbiani ha in programma per il 15 novembre negli spazi della «Quadreria Blarasin» di Macerata, rivela un interesse critico particolare, in quanto l’artista – che è faber nobilis, ossia scultore incisivo e dotto e insieme forgiatore di macchine reinventate e di memoria – affida al disegno la sua prominente immaginazione creativa. Dalle presentazioni dei tre critici in catalogo, mentre si conviene che il suo è un segno di «natura progettuale» e come tale portato a prefigurare «soluzioni plastiche» (Enrico Crispolti), viene escluso che la funzione del segno sia di preparazione dell’opera plastica (Goffredo Binni). D’altra parte, il manufatto – possedendo l’artista marchigiano una forte visionarietà, peraltro collegata al senso della memoria e al tempo della storia – non illustra gli accadimenti delle epoche inquiete e spietate, ma insegue piuttosto «le ombre lunghe della memoria e dell’inconscio», e le proietta in uno scenario in cui la lucidità del segno non esclude il grottesco e insieme il terrifico (Alvaro Valentini). Infatti, il segno di Trubbiani, che è un potente mezzo d’incisiva chiarezza, non si limita ad evidenziare la secca rigorosità limitare della linea, ma, possedendo una componente materica, è portato al rilievo plastico e perciò a far risaltare le certezze iconografìche. Da qui lo svolgimento in mostra di un favoloso bestiario e di racconti impiantati sulla visione fantastica di paesaggi rurali e di architetture di improbabile antichità, abitati da rinoceronti ed elefanti, da rane e gatti. La fantasia non è un demerito per la lucida veridicità del segno grafico, e questo conferma come l’unilaterale e originale presenza dell’opera – rivestendo il carattere della qualità – ritrovi la dimensione più generale della grande concezione estetica. |
opere disponibili in galleria |
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PERICOLOSA COVATA |
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IDEA PER DIMORA DELLE RANE, 1998 dis. inchiostri e tempera, cm. 120×90 |
Tulli Wladimiro
opere disponibili in galleria |



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Piccoli acuti bianchi e neri tempera su carta |
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Scacco matto – tempera su carta |
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S’incominciò come paesaggio, 1995 – acrilico su tela cm. 35×45 |
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Matarasso con nuvola e labirinto rosso, 2001 tecnica mista su tavola cm. 44×27 |
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Scacco pazzo, 2001 acrilico su tela cm. 50×30 |