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Rowlia, Franco Rivola

Note sull’autore:

ROWLIA (Rivola Franco – Bologna 1929) ha vinto premi d’importanza internazionale come
ed il White Ribbon al Gran Festival dell’Arte Americana USA.
Ha opere al Museo Hermitage di Leningrado, alla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Zurigo, di
Roma ed una sua opera al Museo Civico di Agrigento.

Principali attività e riconoscimenti:
1958 Personale a Nizza, Galleria Lafayette;
1962 Personale a Milano, Circolo Romagnolo;
1964 Personale a Roma, Galleria Stagni;
1965 Gran Festival dell’Arte Americana;
1966 Galleria Giulia Flavia; espone alla “Cove Gallery” di Miami, a Montmartre (Parigi) e
all’Accademia Romana di Arti Figurative,
1967 fa parte del gruppo Grandi Maestri Contemporanei” alla esposizione di Palermo
1969 Roma personale alla Tritone Nazzareno ed alla Galleria Indipendenza di Bologna;
1970 Galleria “La Radice”, Belluno;
1971 Galleria Vespucci, Rimini.

Rowlia appartiene – sarei per dire ” morfologicamente ‘ – a quel genere di pittori impegnati al recupero di quei valori arcaici, e anche meta fisici, che stanno alla base del mondo creativo di Campigli, di Tozzi e dello stesso Gentilini. Un mondo, va detto subito, in cui
Rowia si ritrova non già in virtù di occulte persuasioni ma per via di purissime affinità elettive, solo apparentemente monogeniche.
Certi moduli espressivi nella strutturazione delle immagini non possono trare in inganno: la fantasia metafisica, il ‘visionarismo’ (alla Chagali: uno Chagall bolognese!) che ogni tanto vi serpeggiano, non sono certo d’accatto. Cosi come non sono d’accatto le rigorose, spesso addirittura rigide, intralicciature architettoniche e la cromia, talvolta monocorde, sempre intonata e preziosa, che modula l’intera orchestrazione del quadro.

Ma anche quando il colore, piuttosto che poesia del colore si fa compiacimento del colore, anche quando il disegno, per troppo amore del ritmo armonioso, sfiora lo schema ornativo, ebbene, proprio in questi casi
evidenziano i pericoli impliciti a una particolare visione morale della pittura: cioè i “difetti” di elevate virtù”. E la virtù di Rowia sta in buona parte qui: l’esaltazione e anche l’iterazione di un determinato motivo possono sembrare eccessive e persino ossessive, ma tutto si risolve sempre in una felice articolazione sui ” moti dell’intelligenza’. E tutto si riscatta per una decantazione dell’osservazione e del sentimento.