Piero Mengoni nasce a Montegranaro (AP), il 3 marzo 1928.
Pittore figurativo metafisico-surreale, ha vissuto e operato a Macerata in via Armaroli n° 94, disegno e pittura erano per lui innati,
per varie ragioni non ha potuto seguire la strada dell’arte.
Dovette iscriversi ad agraria, diplomandosi perito agrario.
Pur continuando a disegnare per me stesso – ci ricorda Mengoni – i miei genitori mi accollarono la direzione del loro ristorante,
qui, finalmente, conobbi un bravo pittore, Paolo Magri Tilli, insegnante all’Istituto d’Arte, che mi fece da vero maestro di pittura,
seguendo lui in mostre collettive e contemporanee ricevetti i primi riconoscimenti.
Questa prima fase della mia vita artistica da autodidatta ebbe termine allorché mi iscrissi, diplomandomi, all’Accademia di Belle Arti di Macerata sotto la guida di Remo Brindisi e del prof. Eraldo Tomassetti.
Da quel momento, seppur non proprio a tempo pieno, agii da professionista.
Dipingeva secondo una luce che potrebbe definirsi a sfondo sentimentale, mentre in passato, riportando gli uomini e il paesaggio a misura del nostro tempo, il suo impegno era di denuncia e contestazione.
Con un segno grafico che incide l’iridescenza cromatica, la sua pittura è a sfondo figurativo-geometrizzante, con influssi metafisici e talvolta surreali.
Per creare nuovi equilibri-affermava l’artista maceratese-vado alla ricerca di spazi nei vuoti e nei pieni, costruiti con colori forti e decisi, in contrasto od armonici tra di loro.
Mi avvalgo, talvolta di fasci di luce che, incontrandosi e intersecandosi, creano nuovi colori e nuove forme per maggiormente evidenziare l’intero complesso dell’opera.
Piero Mengoni scandiva con estrema disinvoltura, non disgiunta da una particolare imponenza, tutte le sue figure, introducendo particolari movimenti e situazioni attraverso le luci e le ombre.
Sincero e riflessivo riceve ogni suo impulso pittorico dal contatto con la realtà, potenziandola per mezzo di varie esperienze e sortilegi pittorici.
Sicché nessun soggetto, com’è dato vedere, è così vicino ad uno spazio metafisico-intimista, nessuna immagine, ch’io sappia, offre tali subitanee e fiabesche sensazioni.
Naturalmente, ancora oggi, il suo discorso è a sfondo allusivo e simbolico, pur senza allontanarsi dalla realtà; è sempre pronto ad una mobilità inventiva ed espressiva. Per un pittore qual è Piero Mengoni è dunque interessante il suo vario procedimento, quel lasciare ai segni e ai colori il compito di far nascere e crescere l’immagine nello spazio, operando però in modo che essa non abbia mai a prevalere sul significato.
Il colore acquista il suo spessore in proporzione della capacità di penetrazione del segno e l’uno e l’altro diventano immagine della realtà in tutta la sua complessità scenografica ed estetica, perché compagna inseparabile, lo vogliamo o no, della nostra esistenza.
Naturalmente è la materia cromatica ad assumere corrispondenze ed aspetti diversi, a creare spazi e a riempirli per “ reinventare “ un proprio ed originale linguaggio. Questo ci sembra naturale sottolineare per dissipare ogni dubbio sulle sue reali possibilità, sul come sappia sviluppare un rapporto luministico-spaziale e liberare la sua fantasia. ( Antonio Oberti )
Pensiero sull’arte. “ L’arte è un colloquio estetico tra l’artista che propone e il fruitore che osserva, in un discorso profondo e trascendentale che innalza alle estreme vette i migliori sentimenti dell’animo”.
Pensiero sulla vita. “ la vita, passaggio obbligato in questo strano mondo, va vissuta con amore e serenità, compiendo opere e lanciando messaggi, affinché essa sia meno gravosa e più gioiosamente vivibile, per l’umanità presente e futura “.
Documentazione critica. “ … con questo nuovo ciclo pittorico Mengoni ha dato quindi avvio ad una propria “ civile contestazione “ che si avvale della capacità dell’artista di constatare e denunciare, pur con dolenza, i limiti, i plagi, le incongruenze, le false illusioni che, attraverso la moderna iconografia, la società contemporanea e la civiltà consumistica propinano all’uomo in quanto individuo.
Questi nuovi paesaggi, gli interni, e perfino i fiori, sono inoltre pregni di atmosfere metafisiche intese nel senso dello studio di certi problemi della realtà e della vita.
Le fissità e i silenzi di queste opere piene di “ riflessioni “, inoltre, non vivono solo di una necessità di un rinnovato comporre geometrico, ma finiscono per essere corredati di una evidente armonia tonale ricca di interpunzioni timbriche suffragate da una poesia che nasce dalle commosse meraviglie della percezione espunta dalle combinazioni “ luce-colore “ tanto che, nella loro misurata ricchezza, riescono talvolta ad apparire perfino commoventi.
Sulla permanenza del soggetto, inoltre, è inserito sempre, e in primo piano, il plagio suggestivo della civiltà consumistica.
“ La confezione “, “ la scatola “, “ l’involucro “ che, aperti, tornano ad essere sempre più” incarto “ in quanto, malgrado l’esatta razionalità della forma geometrica e la ricchezza del colore, non riescono ad evitare la delusione dell’uomo che ha scoperto “ gli interrogativi del contenuto “ ed ha perso la somma dei misteri inizialmente suggeriti dall’incarto stesso.
Tutte queste opere , anche se corredate di un pizzico di astrazione, sono rese in maniera figurativamente valida proprio perché fuse in un affascinante documento quintessenziato di vita e di costume, ed inoltre perché fornite di caratteristiche dialogiche atte a rendere più intenso lo stesso discorso pittorico, e non solo per i caratteri figurali delle immagini, ma soprattutto per la racchiusa freschezza e la forza espressiva che le sovrasta.
Con questa precisa collocazione, attraverso i mille significati allusivi, le opere di Mengoni assumono infinite dimensioni riflessive che valicano i limiti della tela e delle cornici per immettersi nei meandri del pensiero dove, talvolta, si dà il caso di ritrovare anche l’uomo “. ( Marino Mercuri, 1975 )