22 Novembre 2004 – 22:08
Osvaldo Cavandoli e “la Linea”
di Giovanni Scillitani
“…ha dato vita alla più incredibile opera d’arte pop che sia mai apparsa sulla terra: una creatura mobile e chiacchierona, simpatica e comunicativa,
FATTA D’UN SOLO TRATTO.” (Luca Novelli)
Luca Novelli non ha dubbi: in futuro la Linea sarà considerata tra i migliori esempi di arte concettuale, al pari delle opere di Fontana, Pollock e Warhol. Cavandoli ha avuto la mirabile capacità di sintesi di dare vita a un intero universo in punta di matita, definito da un solo tratto di linea bianca nel nero assoluto. Un universo che ha il suo dio creatore, la mano dell’autore che traccia la linea per permettere all’omino di continuare il suo cammino ma che spesso gli gioca brutti tiri inserendo sul suo percorso degli ostacoli. Inevitabilmente, l’omino si arrabbia e si scaglia contro il disegnatore sciorinando invettive, per fortuna incomprensibili! Sarà forse questo rapporto conflittuale tra padre e figlio, piuttosto che la pubblicità indiretta a una nota pentola, che ha indotto i responsabili della TV di stato a bloccare per decenni la Linea?
Osvaldo Cavandoli nacque il 1° Gennaio del 1920 a Maderno sul Garda, ma due anni dopo la famiglia si trasferì a Milano. Osvaldo fu iscritto al ginnasio con scarsi risultati, per cui passò ad una scuola d’avviamento professionale con medesimi esiti e così a 18 anni s’impiegò come disegnatore tecnico all’Alfa Romeo e poi alla Cemsa di Saronno, un’industria bellica. Queste esperienze lo influenzarono tanto che ancora oggi Cavandoli disegna e progetta macchine da presa e attrezzature cinematografiche. Nel frattempo cominciò a pubblicare vignette di satira politica. Nel 1943, durante la guerra, fu deportato in Germania. Rimpatriato, lesse un annuncio dei fratelli Pagot che cercavano disegnatori per un nuovo cartone animato. Si presentò, realizzò qualche schizzo e fu assunto: nacque il così suo amore per il cinema d’animazione. Iniziò a lavorare come intercalatore e partecipò alla realizzazione del cortometraggio “Lalla e il funghetto” e “I Fratelli Dinamite”, il primo lungometraggio animato della storia del cinema italiano. Con la chiusura dello Studio Pagot nel 1950 Cavandoli si mise in proprio e aprì la Pubblifilm, che risultò un fiasco. In uno scantinato allora aprì in società con Moroni uno studio di produzione chiamato Pupilandia, specializzato in pupazzi animati, che produsse una ventina di filmati cinematografici e mise in cantiere anche un lungometraggio su Pinocchio, incompiuto. Nel 1956 la società si sciolse e Cavandoli cominciò a lavorare per vari studi realizzando i “codini” delle pubblicità di Carosello in cui apparivano oggetti animati (coltelli che tagliano salumi, pasta che esce dalla scatola e così via). Nel 1965 ritornò a occuparsi di disegni animati, producendo e sceneggiando per Carosello gli spot della Mucca Carolina insieme a Pier Luigi De Mas e Giuseppe Laganà e quelli di Lancillotto insieme a Marco Biassoni.
“Sgomberai il tavolo e la mente da tutto ciò che mi ricordava il passato e l’esperienza acquisita. Mi stimolò a trovare qualcosa che sconvolgesse le teorie del “classico”…l’impostazione e l’animazione di personaggi elaborati non era il mio forte…io amavo l’azione e il movimento ed il fatto di dovermi soffermare per lungo tempo su un foglio a cincischiare con svolazzi e particolari mi bloccava. Ho cominciato a togliere dai disegni ed è venuta fuori “La linea”. Oltre a quello, graficamente, non si poteva togliere altro. Era un controsenso, in quel periodo in cui i teleschermi ridondavano di bellissime pubblicità colme di ricche scenografie e di personaggi piacevoli e ben disegnati”. Correva l’anno 1969 e Cavandoli provò a proporre “Mr Linea”, come si chiamò all’inizio, a varie grandi agenzie pubblicitarie, ma invano. Infine, avvenne l’incontro con l’ingegner Emilio Lagostina, non a caso collezionista d’arte, che vide in quello scarabocchio delle enormi potenzialità e lo prese come testimonial delle sue pentole a pressione. A completare un’idea già di per sé rivoluzionaria, l’omino fu doppiato splendidamente da Giancarlo Bonomi, che lo dotò di una parlata dall’accento vagamente meneghino, incomprensibile ma efficacissima nel descrivere gli stati d’animo e quindi intesa dal pubblico di tutto il mondo. Infine, un orecchiabile jingle di Franco Godi, un ritmo jazz con vocalizzi che in coda si trasformava nel noto motivetto “La Titina”, parola sostituita per l’occasione da “Lagostina”. Fu un successo incredibile: nel giro di breve tempo la Linea diventò uno dei personaggi più amati di Carosello e Cavandoli, inizialmente unico realizzatore, si fece affiancare da due abili animatori modenesi, Gianfranco e Loretta Marchesi. Nel 1972 la Linea diede vita a una striscia a fumetti e debuttò su Sorry per poi passare al Giornalino, riscuotendo un riconoscimento internazionale, il premio al Festival di Annecy, cui seguì l’anno dopo quello al Festival di Zagabria. Nel frattempo si moltiplicavano le vignette per i giornali, i volumi, i poster, i calendari.
La premiata ditta Cavandoli non si adagiò sugli allori e nel 1972 mise mano a Bill e Bull, il vecchio sceriffo del West e il suo cane testimonial della Argo, ideati nel 1964 da Tino Figoli. Cavandoli rimodernizzò i disegni e i contenuti, sostituendo alle tradizionali avventure un Bill professore che ai suoi alunni raccontava con grande umorismo i personaggi e i luoghi del West. Nello stesso anno Cavandoli lavorò con Nedo Zanotti per gli spot del lievito Bertolini dal titolo “Matrimoni”, in cui oggetti e alimenti disparati volevano sposarsi tra loro. Ancora per Bertolini nel 1973 nacque il personaggio di Felice Siconservi, azzeccaproverbi, che sciorinava proverbi illustrandoli con grande comicità: fu famoso lo slogan “Tutte le ciambelle riescono col buco con il lievito Bertolini”. Infine, nel 1976 Cavandoli diresse per Galbani tre episodi della serie Minù e Pachi, un bambino e il suo elefante che intervenivano in aiuto di persone e animali.
Nel 1977 Carosello chiuse i battenti e molti studi d’animazione ne seguirono la sorte. Non fu il caso di Cavandoli: la Linea era popolarissima, l’autore rimontò gli spot di Carosello ricavandone un centinaio di film brevi da tre minuti che riscossero grande successo in 40 paesi…tranne l’Italia! Incredibilmente, la TV di stato chiuse le porte a una delle sue creature più celebri. Il motivo è già stato accennato: nell’immaginario collettivo il personaggio è immediatamente associato alla pentola, per cui trasmetterlo significherebbe fare pubblicità indiretta…Questa forma assurda di censura non ha mai colpito altri personaggi dei cartoni nati in pubblicità, come Calimero, o comunque ampiamente utilizzati da essa, come gli Antenati o Silvestro e Titì. Non ci risulta che abbia neppure colpito interpreti celebri, come Gino Bramieri o Mike Bongiorno, che lanciarono slogan diventati addirittura modi di dire, “E mo’…Moplen” e “Concludendo…Grappa Bocchino!”, rispettivamente.
Cavandoli ne fu giustamente amareggiato, ma per fortuna continuò a mietere successi all’estero, realizzando 56 episodi per la Tv franco-tedesca e tre approcci ironici al mondo dell’eros, “Eroslinea”, “Sexilinea” e “Pornolinea”. Nel 1992 fu la volta dei “Giochi Olimpici” e nel 1997 il rientro “clandestino” della Linea sulla RAI, travestita da Pinocchio nella sigla dell’omonimo programma di Gad Lerner. Nel 2001 fu la volta di una ventina di episodi da un minuto per l’emittente satellitare Studio Universal. Cavandoli ha avuto una splendida carriera, universalmente è riconosciuto come uno dei più grandi umoristi e animatori del mondo e alla bella età di 84 anni ha ancora voglia di lavorare e divertirsi, anche se vorrebbe ritornare laddove la sua avventura ha avuto inizio, la RAI. Sarebbe veramente ora di togliere questo incredibile veto a una gloria internazionale del nostro paese e non si comprende davvero perché solo la Linea sia stata così duramente perseguitata solo per motivi pubblicitari, a meno che, come abbiamo adombrato all’inizio, in realtà non se ne tema il messaggio eversivo e dissacrante…