Biografia
ENZO BONETTI, nato a Fano 1916 – 1987, studiò pittura alla Scuola d’Arte Adolfo Apolloni di Fano, si dedicò all’affresco nelle Chiese e in case patrizie. Temi preferiti: fiori, pescatori, frati e chierichetti.
Mostre collettive:
Fondatore dell’ Accolta dei Quindici di Fano di cui espone annualmente dal 1946 ad oggi.
- 1947, Fossombrone;
- 1948, Pesaro;
- 1949, Fossombrone;
- 1950, Interregionale Fano;
- 1952, Interprovinciale Arte Sacra Fano;
- 1964, Premio Bucci Fossombrone;
- 1967, Chiosco San Paterniano Fano;
- 1968, Chiosco San Paterniano Fano;
- 1969, Cenacolo Artisti Beato Sante;
- 1971, Barcaccia Gradara;
- Mostre personali:
- 1965: Sala Comunale Pesaro;
- 1967, Sala Comunale Pesaro;
- 1968, Brigata Amici dell’arte Sala Rossini Pesaro;
- 1968, Galleria Indipendenza Bologna;
- 1969, Galleria Leonardi Rimini;
- 1970, Galleria il tetto Avezzano;
- 1971, Galleria Pomposiana Ferrara;
- 1972, Galleria Il vettore Milano;
- 1972, Galleria Pomposiana Ferrara;
- 1972, Galleria Perugini Pesaro.
Bonetti e la vicenda umana
La poesia della vita, lo sfaldamento dei miti, è ciò che agita la pittura di Bonetti, una forma espressiva ancorata alla tradizione nel senso vivo del termine in cui la narrazione fuoriesce però dagli schemi abituali del « vedere».
Impressiona il modo di rendere i fatti, la fattura precisa e l’ambientazione delle vicende per nulla superficiali se misurate alla luce di una « condizionante mentalità» radicata a qualsiasi livello popolare.
Questa singolarità nel capire i momenti della vicenda esaminandoli crea una dialettica tanto più personale quanto più l’artista rientra nel giudizio degli atteggiamenti trattati senza imporsi nel loro svolgersi, evitando di forzarli.
Alla venerazione prevale la dissacrazione, limitata alla «proposta ironica» che difficilmente sfocia nella satira grottesca o nella pesante seppur felice polemica di Nino Caffè.
Il modo aperto di guardare al fatto senza distoglierlo dal più comune manifestarsi, lasciandone perciò anche gli elementi determinanti che lo distinguono e lo caratterizzano, rende meno violento l’impatto con una realtà creduta indenne da qualsiasi contagio umano.
Siamo evidentemente di fronte agli innumerevoli frati presentati all’infuori dell’ufficialità, ai chierici intenti alla cattura del piccolo ratto o ancora all’anima impura cacciata dalla verginità del luogo sacro.
Qui la coltre di fumo che offusca l’umana presenza per « vizio di religiosità » tende a diradarsi per lasciar apparire anche il proibito e qui si rivelano le passioni terrene della vita mistica che si riscopre per taluni versi vuota e licenziosa sino ad essere profanizzata.
Ma accanto a questo tema portante altri se ne aggiungono: sono spunti di vita marinara, pescatori intenti alla cura delle reti, donne curve sui grossi canestri di pesce, una calda visione alle persone e alle cose di ogni giorno che diventano cronache di vita percorse da una accennata vena di romanticismo che non guasta neppure la dura fatica quotidiana del lavoro.
La visione globale delle tematiche e dei modi tecniciesecutivi ci rende quindi la dimensione di un artista che ancora ha conservato la capacità di credere nella « buona pittura» senza dimenticare i valori creativi che portano all’arte.
ALBERTO CHIAPPANI
In una vecchia casa seicentesca, nel cuore della Pesaro antica, una scala dalla più pura architettura barocca conduce allo studio di Enzo Bonetti. Anche qui si respira un’aria d’altri tempi e le molte tele dell’Artista, appese alle vaste pareti, ci riconducono dolcemente al passato. Ma non ad un passato scolorito dal tempo e distolto dal nostro gusto, bensì vivo, rinnovato ed attuale. In queste molteplici opere Bonetti esprime tutto se stesso, il suo mondo, la sua cultura artistica e soprattutto la sua esistenza. Nativo di Fano, terminati gli studi all’Istituto Apolloni di quella città, fin da giovane si dedicò all’affresco e per ragioni di lavoro frequentò chiese e conventi della zona, tessendo cordiali amicizie coi Camaldolesi di Monte Giove o coi Cappuccini dei vari conventi sparsi tra Pesaro e Fano. I ricordi di quei luoghi rivivono con immediatezza e vivacità nelle opere che illustrano con bonaria arguzia la vita di quei monaci. Le scene ambientate nelle vecchie sagrestie o negli ampi refettori, paiono emanare quel loro caratteristico odore, miscuglio di muffa e di incenso, quasi connubio di mistico e di profano, connubio che ritroviamo in quei paffuti Camaldolesi o Cappuccini sempre compiaciuti per la buona tavola, degustatori raffinati del buon vino, intelligenti intenditori di opere d’arte. Infatti le pareti di quei luoghi sacri sono spesso tappezzate di dipinti celebri che anche attraverso l’immediatezza di un abbozzo riusciamo agevolmente ad individuare: sono tele del Caravaggio, del Reni, del Piazzetta, del Tiepolo e di altri che Bonetti dimostra di conoscere intelligentemente rivelando ci così una preparazione artistica che ha per basi le più valide espressioni del passato. Infatti non a caso queste sue opere che illustrano la vita monastica ci ricordano le tele del settecentista Alessandro Magnasco. In quei monaci arroccati sulle impalcature o sui cornicioni delle Chiese affaccendati nel tendere gli «addobbi», ritroviamo lo stesso vivace spirito barocco del grande Genovese. Benché i dipinti del Bonetti con questi soggetti mi affascinino maggiormente, non posso tuttavia trascurare i bellissimi ritratti nei quali è evidente una profonda indagine psicologica e le splendide nature morte con frutta e fiori eseguite a tempera o ad olio con pennellate rapide e sicure e lambite da una luce calda e sempre intelligentemente filtrata. Una luce del tutto diversa da quella vivida, intensa, carica di sole e di salsedine che accarezza le carni ignude delle bagnanti od i corpi abbronzati della gente di mare intenta a disporre il pesce appena pescato nei canestri di vimini, o a rammendare le reti sul litorale adriatico; vi è in queste opere una luminosità abbagliante e diffusa che, impreziosendo ogni colore, ci ricorda l’atmosfera dei grandi veneziani ed in particolare del Tiepolo da cui quasi inconsapevolmente Banetti ha carpito il meraviglioso segreto dell’aria e del sole.
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